giovedì 8 marzo 2012

FER termiche: finalmente un "conto alla luce del Sole"...?




Secondo quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CE, nel 2020 l’Italia dovrà coprire il 17% dei consumi finali di energia mediante fonti rinnovabili. Le misure da attuare riguarderanno principalmente, oltre alla promozione delle fonti rinnovabili per usi elettrici, la diffusione di Fer per usi termici e per i trasporti, lo sviluppo e la gestione della rete elettrica.
Con il Piano di azione nazionale (PAN) per le energie rinnovabili dell’Italia previsto dalla direttiva 2009/28/CE è stato fissato l'obiettivo al 2020 del 17,09% del proprio fabbisogno per il riscaldamento/raffrescamento, passando da un consumo finale lordo di 3851 ktep nel 2010 ad uno di 10456 ktep nel 2020, cioè di più di quanto ci si aspetta dalle fonti rinnovabili elettriche (8504 Ktep).
L'accelerazione in questo settore deve essere vigorosa soprattutto per quanto riguarda l'incentivazione del solare termico, settore in cui l'Italia pur rappresentando il secondo mercato europeo ha ancora un tasso  medio di 0,04 m2 per abitante installati a fronte di una media UE di 0,06 m2/ab (il miglior dato è dell'Austria con 0,6 m2/ab). Secondo Assolterm il livello dovrebbe salire fino allo 0,4 m2/ab per arrivare ad un totale di superficie installata di 18 mln di m2. Inoltre il tasso di penetrazione di questa tecnologia risulta geograficamente disomogeneo, con una predominanza di installazioni nelle regioni settentrionali e una sostanziale carenza in quelle meridionali. 
Da una prima analisi le attuali prospettive di sviluppo specialmente per quanto riguarda il solare termico ci mostrano come con l'attuale livello di incentivazione sostenuto dalle detrazioni fiscali non saranno raggiunti gli obiettivi. Le detrazioni fiscali del 55% non hanno permesso, negli ultimi 2 anni, di fornire un adeguato impulso al mercato che, infatti, si è attestato su un valore più o meno costante. Il meccanismo si è dimostrato debole sotto diversi punti di vista, ma soprattutto si è riscontrato un basso livello di appetibilità dell’incentivo (rispetto al Conto Energia) soprattutto per l’eccessivo tempo di recupero e per l’impossibilità della PA di usufruire della detrazione. Quest'ultimo punto è stato forse il freno maggiore alla diffusione del solare termico e la possibilità di adottare un sistema che includa la pubblica amministrazione nel regime incentivante apre un ampio ventaglio di possibilità di sviluppo per il mercato del solare termico italiano.
Con il D.lgs 28/11 viene dunque sancito il definitivo abbandono del sistema di incentivazione in conto capitale, con l’individuazione di nuovi regimi di sostegno e  nuovi criteri per stabilire i contributi incentivanti che suggeriscono l’adozione di un nuovo sistema feed in tariff. In particolare nell’art. 27 viene indicata la bolletta del gas per la copertura degli incentivi per gli interventi di piccole dimensioni e i Certificati Bianchi per gli tutti gli altri. L’art 28 invece valuta i diversi criteri per l’erogazione degli incentivi ed indica il GSE come soggetto erogatore e l’Autorità come soggetto regolatore. Dunque, aspettando i decreti attuativi, possiamo immaginare la costituzione di un sistema per il raggiungimento degli obiettivi retto su due pilastri: il primo sorretto su un sistema incentivante feed in tariff “mediante contributi a valere sulle tariffe del gas naturale per gli interventi di piccole dimensioni” ed il secondo con il ricorso ai certificati bianchi per tutti gli altri interventi.  La gestione del primo pilastro viene assegnato tramite “contratti di diritto privato fra il GSE e il  soggetto responsabile dell’impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas”.
Tuttavia emergono molte perplessità riguardo l'adozione di un sistema incentivante per il solare termico che risulti simile al conto energia adottato per il fotovoltaico in quanto le intrinseche differenze fra queste tecnologie portano delle criticità di difficile interpretazione.
Queste  sostanziali differenze possono essere riassunte nei seguenti punti:
·         Il fotovoltaico è una tecnologia in sviluppo, con grandi margini di miglioramento, mentre il solare termico è ormai un’applicazione matura;
·         Il fotovoltaico è una tecnologia tipicamente on grid, che prevede cioè un allaccio alla rete nazionale vista come necessario interlocutore con cui scambiare l’energia prodotta, soprattutto alla luce della difficoltà di accumulo dell’energia elettrica, tant’è che per gli impianti off grid non è previsto il conto energia; di contro il solare termico è tipicamente off grid, cioè l’energia prodotta è rivolta esclusivamente all’autoconsumo, essendo d’altronde facile l’accumulo: sarebbe poco realizzabile un impianto in teleriscaldamento;
·         Le condizioni di funzionamento del fotovoltaico sono allo stato attuale profondamente influenzate dalle condizioni climatiche e di ombreggiamento, circostanza che invece non si ha per il solare termico.
·         i differenziali di costo delle FER termiche, rispetto alle fonti fossili, sono relativamente limitati e più ridotti rispetto a quelli nel settore elettrico.
Alla luce di questo sorgono dei punti di criticità rispetto un’incentivazione che premi la produzione di energia delle FER termiche:
1.       Vi sono segmenti di mercato in cui le FER termiche sono già competitive, dunque  gli incentivi vanno calibrati in modo tale da promuovere la diffusione delle tecnologie già competitive e colmare il differenziale di costi per promuovere quelle fonti non competitive. A questo fine, le scelte per una politica efficiente dovrebbero introdurre incentivi specifici per le FER termiche, tenendo conto dei differenziali di costo per quelle tecnologie che nei vari segmenti di mercato sono più vicine alla competitività, introducendo dunque un fattore tecnologico (simile al fattore k dei certificati verdi) per commisurare l’incentivo alla maturità tecnologica dei diversi impianti. La quantità del contributo dovrà dunque tenere conto di un livello di maturità tecnologica maggiore rispetto ad esempio al fotovoltaico, cercando di non ripetere gli errori del passato con costi troppo onerosi per le tariffe del gas;
2.       la natura tipicamente off grid del solare termico impedisce di ritirare energia e distribuirla sulla rete così come avviene con il sistema della tariffa omnicomprensiva, il cip6/92 o il conto energia fotovoltaico. Il problema maggiore sembra essere dunque la natura premiante dell'incentivo sulla produzione del kWh termico che fino ad oggi è sempre stato inquadrato in una logica di efficienza energetica. Da un punto di vista del contributo incentivante non sarà possibile andare a premiare la produzione e la valorizzazione dell'energia prodotta e non consumata.
Tradotto in parole povere incentivare per le FER termiche la produzione implica automaticamente incentivare l’autoconsumo, ed è facile immaginare come questo potrebbe portare all’instaurarsi di fenomeni speculativi e “cattive abitudini” (per fare esempi banali: prolungamento della durata delle docce, temperature eccessive per il riscaldamento) che andrebbero si ad incrementare l’energia termica prodotta da FER, ma senza avere un effettivo risparmio di fonti primarie tradizionali; inoltre è facile predire che se si incentivasse senza criterio la produzione si avrebbe una rapida diffusione di FER termiche proprio in quelle regioni in cui ce n’è meno bisogno, cioè nel sud Italia (dove del resto non hanno conosciuto sviluppo fino ad oggi, come testimonia il grafico accanto) dove le condizioni geografiche permettono una maggiore producibilità per sfruttare la quale, però, avrebbero forte risonanza fenomeni speculativi simili a quelli appena citati. Più in generale occorre ricordare che l’efficienza energetica prevede un contenimento dei consumi energetici mantenendo inalterati gli standard di vita, o al limite un risparmio vero e proprio della stessa energia: ciò sembra stridere con un incentivo all’energia prodotta, più che risparmiata, se essa è rivolta all’autoconsumo (il fotovoltaico, invece, introducendo in rete, va a rimpiazzare le altre fonti energetiche).
E’ quindi facile dedurre che tra gli incentivi esistenti già citati nessuno presenta delle caratteristiche che siano replicabili nel settore termico. Uno schema che in parte potrebbe essere ripreso è quello del cip6/92 in cui viene erogata una quota rappresentativa per il ritiro dell'energia in funzione del costo evitato (comprendente del costo del combustibile, il costo dell'impianto e il costo dell'esercizio), più una quota incentivante legata ad un fattore di sviluppo tecnologico della tecnologia (il succitato alter ego del fattore k per i certificati verdi). Nel caso del conto energia termico non essendoci la possibilità di cedere l'energia al GSE, le voci di costo evitato sarebbero intrinseche all'utilizzo stesso dell'impianto, lasciando come unico contributo da erogare una quota incentivante legata alla tecnologia e al dimensionamento dell'impianto. Nel caso del conto energia fotovoltaico in cui viene attribuito un premio sul totale dell'energia prodotta (sia consumata sia scambiata in rete) ci troveremo di fronte ai medesimi problemi in quanto potremmo trovare delle analogie solo con la componente  incentivante del contributo per il kWh, ma non potremmo adottare lo stesso sistema per quanto riguarda la parte di energia non consumata e scambiata in rete.
Per quanto riguarda i livelli monetari dei contributi, secondo uno studio di Assolterm il livello dell'incentivo in conto energia potrebbe variare tra un minimo di 0,09 €/kWh, se venisse mantenuta una copertura simile all'attuale sistema di detrazioni (quota che viene ritenuta insufficiente per il raggiungimento degli obiettivi PAN) ed un massimo di 0,19 €/kWh (che che permetterebbe anche il superamento degli obiettivi). Comunque il pericolo che il nuovo incentivo  vada a gravare pesantemente sulla bolletta del gas così come si è riscontrato con la bolletta elettrica  suggerisce che il criterio di definizione del contributo debba partire dall'istituzione di un cap in euro e TWh, sulla scia di quanto deciso con il quarto conto energia. 
Un merito che occorre riconoscere in ogni caso al D.Lgs. 28 del 2011 è di aver puntato il dito sull’assenza di incentivi finora previsti per la P.A. e per gli impianti di riscaldamento realizzati ex novo con biomasse, pompe di calore e geotermia: essi sono necessari per il conseguimento degli obiettivi del PAN, anzi ne costituiscono la parte più importante
Di contro alcune associazioni di settore hanno pero storto il naso all’indiscrezione per la quale godrebbero di regimi di incentivo anche tutte le opere di teleriscaldamento a prescindere dal tipo di combustibile usato per la produzione di calore.
Inoltre sarebbe fondamentale  introdurre una serie di norme e regolamenti per rendere effettivo l’obbligo di una certa percentuale  di FER termiche per le nuove strutture (come in Spagna), col duplice vantaggio di sostenere il mercato tipicamente italiano degli impianti solari termici e un contestuale incremento dell’efficientamento energetico (occorre ricordare a tal proposito che su strutture nuove è facile implementare riscaldamenti a “bassa temperatura”, basati sui pannelli radianti, facilmente alimentabili/integrabili con solare termico e caldaie a condensazione; al riscaldamento e alla produzione di ACS è infatti ascrivibile il 70-80% di consumi energetici delle abitazioni e una buona fetta di emissioni di polveri sottili in ambito urbano).


 Lavoro svolto a "4 mani" da me e del mio collega Alessandro Sebastiani nell'ambito di un'esercitazione svolta durante il Master MEA volta a stendere un articolo circa l'imminente entrata in opera del Conto Energia previsto per le FER termiche

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