giovedì 19 gennaio 2012

Onkalo Nuclear Waste Repository

INTO ETERNITY - SYNOPSIS

Documentary 2009, 75 min, HD 16:9
Every day, the world over, large amounts of high-level radioactive waste created by nuclear power plants is placed in interim storages, which are vulnerable to natural disasters, man-made disasters, and to societal changes. In Finland the world's first permanent repository is being hewn out of solid rock - a huge system of underground tunnels - that must last 100,000 years as this is how long the waste remains hazardous.
Once the waste has been deposited and the repository is full, the facility is to be sealed off and never opened again. Or so we hope, but can we ensure that? And how is it possible to warn our descendants of the deadly waste we left behind? How do we prevent them from thinking they have found the pyramids of our time, mystical burial grounds, hidden treasures? Which languages and signs will they understand? And if they understand, will they respect our instructions? While gigantic monster machines dig deeper and deeper into the dark, experts above ground strive to find solutions to this crucially important radioactive waste issue to secure mankind and all species on planet Earth now and in the near and very distant future.




mercoledì 18 gennaio 2012

SHALE GAS, UN POSSIBILE QUANTO "INVASIVO" FUTURO


Il XXI secolo sarà l'era del gas naturale, cosi' come il XX lo è stato per il petrolio. Grazie alla rivoluzione in atto da qualche anno nel mercato del gas, che fino alla fine del secolo scorso era ancillare a quello dell'oro nero, questo combustibile considerato un tempo di scarto sta diventando il vincitore della guerra tra fonti scatenata dalle disavventure del nucleare. Nuovi fronti si stanno aprendo per quanto riguarda lo sfruttamento di tale risorsa e in tal senso sicuramente cenno meritano le nuove tecnologie di estrazione del metano da formazioni argillose, chiamate scisti, le quali hanno liberato il potenziale di crescita del cosiddetto shale gas, che in pochi anni ha saturato il fabbisogno americano e ora abbonda, tanto che diversi operatori hanno cominciato a venderlo all'estero. Grazie a tale nuova risorsa, le quotazioni del gas americano si sono disaccoppiate da quelle del greggio e ai prezzi attuali sono molto più convenienti di quello europeo. Ma per approfittare di questa rivoluzione energetica ci vogliono gli impianti giusti in quanto il gas americano arriva liquefatto via nave e per riceverlo è necessario predisporre di adeguati terminali di rigassificazione. 
Come ogni aspetto della vita terrestre, sia di carattere tecnologico che sociale, anche questa nuova risorsa è affetta dalla cosiddetta altra faccia della medaglia. Infatti, il cuore di questa innovativa tecnologia si basa sul cosiddetto fracking o fraccing che combinata con le trivellazioni ha fatto esplodere il mercato dello shale gas negli Stati Uniti a partire dal 2005. La tecnica consiste nell'immettere nel sottosuolo (una volta che la trivella ha perforato la roccia a profondità che vanno da 2 a 6 Km) un mix di acqua, sabbia e una serie di agenti chimici. Il liquido una volta iniettato permette di liberare le molecole di metano intrappolate nella roccia e farle confluire in superficie. Questa tecnica però ha sollevato negli ultimi anni alcune proteste e preoccupazioni per la contaminazione della falda acquifera. A tal proposito, le compagnie impegnate nell'estrazione dello shale gas in Texas saranno obbligate dal primo febbraio prossimo, a rendere noti gli agenti chimici e tutti gli altri componenti utilizzati nell'attività dell'hydraulic fracking; non solo, si dovranno inoltre rendere note le quantità d'acqua utilizzate nell'attività di estrazione del gas.
Il nuovo obbligo potrebbe dare maggiori elementi a chi accusa la pratica del fracking di essere altamente inquinante per la falda acquifera e di sprecare enormi quantità di acqua. Le ripercussioni per lo sviluppo della tecnica potrebbero risentirsi anche in Europa, dove la questione ambientale potrebbe rappresentare il maggior ostacolo all'estrazione dello shale gas (la Francia ha vietato tutte le esplorazioni che i,pieghino questa tecnologia).
Per quanto riguarda il nostro paese, per ora la scelta in materia di gas riguarda solamente l'approvvigionamento via "tubo" dal Mare del Nord e dalla Russia e per via sottomarina dall'Algeria e dalla Libia. Queste infrastrutture, che fanno capo all'Eni, ci legano mani e piedi alle forniture di paesi non proprio campioni di stabilità politica con contratti fissi di tipo take or pay che ci inchiodano a prezzi non competitivi. Eppure l'Italia avrebbe fortissimo interesse a ricevere metano a buon mercato considerando che è il quarto importatore mondiale di metano e l'unico Paese al mondo che alimenta il 60% delle sue centrali elettriche con il metano. Con 80 miliardi di metri cubi di fabbisogno, il nostro sistema produttivo "beve" gas quanto l'economia giapponese che dispone però di 28 rigassificatori contro gli unici due italiani, uno piccolo a Panigaglia e uno più grande al largo di Rovigo. 
Per fortuna la rivoluzione del gas americano è solamente all'inizio: il ministero dell'Energia stima le riserve di shale gas tecnicamente recuperabili in 187mila miliardi di metri cubi, che amplierebbero del 40% le riserve mondiali di gas. Il nostro inerziale paese avrà dunque il tempo per costruire le eventuali fondamenta di una nuova struttura energetica.

martedì 17 gennaio 2012

Energia elettrica: dal 1° gennaio 2012 attiva la tariffa bioraria obbligatoria per i clienti vincolati

Arriva per i clienti domestici con servizio di maggior tutela la tariffa bioraria obbligatoria. Dall'inizio di quest'anno, i clienti del mercato tutelato non pagano più un prezzo unico per l'energia che consumano, ma il prezzo dell'energia elettrica varia a seconda dell'ora e del giorno in cui la si consuma, in modo da rispecchiare il prezzo dell'energia elettrica così come viene contrattata sul mercato.

I clienti sul mercato libero possono, invece, decidere di aderire ad offerte con tariffa monoraria.

Per le tariffe biorarie, il prezzo dell'energia elettrica sarà distinto in:

Fascia F1 - ore di punta;
Fascia F23 - comprende ore intermedie e ore fuori punta (somma delle ore F2 e F3).





Nella fascia oraria F1 l'energia elettrica costa di più, perché nelle ore centrali della giornata, quando la richiesta è alta, il prezzo aumenta. Viceversa, per la fascia F2 e la fascia F3, quando c'è poca richiesta di elettricità (la sera, la mattina presto, la notte e i festivi) il prezzo è più basso.


Cambiare i comportamenti di consumo


Il passaggio alla tariffa bioraria è un'occasione per modificare le proprie abitudini in casa e spostare i consumi elettrici verso gli orari meno costosi, con vantaggi a beneficio del singolo consumatore (risparmio in bolletta) e per l'intera collettività (abbassamento del carico di punta e diminuzione delle ore di fuzionamento degli impianti di generazione più inquinanti).

Oltre alle bollette, esiste un altro modo per ottenere facilmente un dettaglio della ripartizione dei consumi nelle diverse fasce orarie. Il contatore elettronico riporta, in qualsiasi istante, le voci:

A+ = Totalizzatore energia attiva assorbita in kWh;
A+(T1) = Totalizzatore energia attiva assorbita in fascia tariffaria (T1) in kWh;
A+(T2) = Totalizzatore energia attiva assorbita in fascia tariffaria (T2) in kWh;
A+(T3) = Totalizzatore energia attiva assorbita in fascia tariffaria (T3) in kWh.

Per il calcolo della quota di consumo nelle rispettive fasce basta, dunque, una semplice divisione con il valore di A+ al denominatore.

Nel portale "Consumatori" del dell'AEEG, si afferma che la media delle famiglie italiane già ripartisce i suoi consumi per i due terzi nei momenti più convenienti (Fascia F23) e che, superando la soglia del 66%, la tariffazione bioraria apporta dei benefici economici, in termini di alleggerimento della bolletta.

domenica 15 gennaio 2012

Studio per settore dei consumi di energia dell’industria durante la crisi

La crisi finanziaria che ha colpito il mondo a partire dal 2008 ha avuto pesanti ripercussioni sulle industrie europee (e non solo), ed in particolare sulle industrie italiane. Con la stretta del credito messa in opera dalle banche internazionali, alle prese con ricapitalizzazioni, titoli tossici, crisi monetaria e rischi di default ancora ben presenti, è stato sempre più difficile per le società reperire fondi da destinare agli investimenti.
Anche i prezzi ballerini delle materie prime hanno accentuato le difficoltà delle aziende italiane, soprattutto le più energivore che hanno pagato a caro prezzo il rincaro del costo di produzione dell’energia elettrica. Un esempio lampante è proprio notizia di questi giorni, quando il 10 Gennaio il gigante americano dell’alluminio Alcoa ha deciso di chiudere lo stabilimento sardo di Portovesme. L’ipotesi di una sua chiusura è stata ventilata per anni, anche minacciata visto che il prezzo dell’energia elettrica in Italia così alto rende anticonveniente operare nello stivale. E questo nonostante le agevolazioni di cui ha goduto l’azienda negli ultimi anni. E purtroppo l’epilogo è stato quello che più si temeva, ed aspettava. L’azienda avrebbe dovuto mantenere una fabbrica in perdita? Avrebbe dovuto lo stato (noi cittadini) intervenire con ulteriori agevolazioni per salvare i 501 lavoratori di un’azienda in perdita, a cui comunque va un grande in bocca al lupo perché possano trovare presto un nuovo lavoro? E non è un caso isolato, specie in una regione come la Sardegna non perfettamente collegata alla rete Nazionale della terraferma. Ma quali sono, oltre al siderurgico, i settori che stanno soffrendo più la crisi?

Sicuramente una buona indicazione
può venire se si guarda ai consumi di energia del comparto industriale. Una diminuzione dell’energia consumata può sì venire da misure di efficientamento energetico adottate in questi ultimi anni, ma al di sopra di un certo livello la responsabilità di un calo è sicuramente da attribuite al minore utilizzo degli impianti delle fabbriche. I motivi possono essere vari, dalla chiusura di impianti alla non operatività per mancanza di commesse o prezzo troppo elevato dei combustibili. Come si può vedere in Figura 1, il consumo di energia elettrica e gas naturale ha iniziato un leggera discesa ben uno o due anni prima dello scoppio della crisi finanziaria del 2008, soprattutto a causa dell’impennata dei prezzi del petrolio (Figura 2). Con lo scoppio della crisi si ha un crollo sia dell’utilizzo di energia sia dei prezzi del petrolio, e stavolta la relazione causale è probabilmente opposta: un crollo della domanda italiana e mondiale fa scivolare il prezzo del petrolio dal picco di 140$/b a 40$/b. L’industria ha avuto consumi in calo fino al 2009, per poi rivedere la luce nel 2010. Tuttavia, sebbene manchino ancora i dati ufficiali, a causa del riaggravarsi della crisi nell’eurozona ci si aspetta un’altra contrazione per l’industria italiana nel 2011, quando invece i prezzi del petrolio sono risaliti ad oltre 90 $/b, non favorendo certamente l’uscita dalla crisi, bensì aggravando il peso che le aziende devono subire e da qui la recente morìa di numerose aziende energivore.

Ma torniamo alla domanda precedente, quali sono i settori industriali che stanno soffrendo più la crisi? Nelle figure 3 e 4 abbiamo i consumi di gas naturale ed elettricità dei settori che più ne hanno ridotto la domanda. L’industria siderurgica, già ampliamente ridimensionata nei paesi occidentali a partire da metà anni ’70, riceve un’ennesima contrazione. Lo stesso destino spetta all’industria chimica che, seppur anch’essa ridimensionata rispetto al passato, sta vivendo una notevole riduzione dei consumi di energia (-19,1% per l’energia elettrica tra il 2005 ed il 2009, valore che si stima simile a quello del 2011). Purtroppo è in deciso declino anche l’industria meccanica italiana, una delle punte di diamante del settore industriale nazionale. Tra il 2005 ed il 2009 (di nuovo preso come valore di riferimento in quanto si stima più vicino come valori di consumi di energia al 2011 rispetto al 2010) vede una riduzione del 22,1% del consumo di gas e del 9,5% di energia elettrica. Tuttavia non sono i soli settori che vedono un calo dei consumi. Anche il tessile, i materiali da costruzione ed la ceramica risentono pesantemente della crisi. Il primo ha visto un tracollo addirittura del 45,3% nei consumi di gas e del 34,0% dell’energia elettrica, mentre il settore del vetro e della ceramica vede una caduta del 31,8% del consumo di gas e del 19,8% del consumo di elettricità. Anche il settore agroalimentare (-21,9% sul gas, seppur non essendo un settore particolarmente energivoro, anzi. Infatti il consumo di energia elettrica è rimasto quasi costante con solo -3,4%) ha segnato un calo, forse inatteso.

Che conclusioni possiamo trarne dunque? Sicuramente alcuni settori stanno peggio di altri, in particolare alcuni rischiano di venire fortemente ridimensionati nel sistema industriale italiano. Il crollo dell’industria chimica è impressionante e ed il calo della meccanica molto preoccupante, nonostante la salute di alcune maggiori industrie italiane come FIAT e Finmeccanica sia sotto esame ma non a livelli d’allarme.

Ma il tutto è quasi un deja vu, un qualcosa di già visto. Tra il 1973, anno del primo shock petrolifero, ed il 1986, anno del contro shock, l’Italia vide il suo consumo di energia totale nell’industria calare mediamente del 2,8% all’anno. In particolare tra il 1973 ed il 1978 l’energia totale consumata dall’industria italiana calò del 5,8%. Ed analogamente ad oggi alcuni settori sentirono la crisi in maniera molto più profonda di altri. Si arrivò nel giro di 10-15 anni ad un cambiamento notevole del panorama del settore industriale. Come anche avvenne nel resto del mondo occidentale, i settori più energivori spostarono parte della loro produzione all’estero. Siderurgia, chimica, petrolchimica vennero notevolmente ridimensionate e cominciarono a svilupparsi le industrie di nuova generazione, meno affamate di energia e più tecnologicamente all’avanguardia, come elettronica, informatica, telecomunicazioni ecc.

Riguardo al futuro, come già detto, per il 2011 i consumi sono dati in discesa rispetto al 2010, probabilmente a ritoccare i minimi del 2009. Le recenti manovre attuate dal nuovo governo, che si sono aggiunte alle tre manovre estive del precedente esecutivo, a sua volta correzioni della manovra invernale, non lasciano ben sperare per il 2012. Deve ancora entrare in vigore l’ulteriore aumento dell’iva dal 21 al 23%, con conseguente diminuzione del potere d’acquisto per i consumatori, e ciò contribuisce alle previsioni a tinte fosche per il 2012.

Il recente abbassamento di rating dell’Italia completa il quadro. Con tutto ciò, sperare in una inversione di tendenza per le industrie italiane già da quest’anno appare difficile. Lo sguardo va al 2013, quando la congiuntura globale dovrebbe essere migliore ed i deficit di bilancio molto ridotti.

giovedì 12 gennaio 2012

Morte di un docente universitario iraniano

Il trentaduenne docente dell'Università di Teheran, prof. Mustafa Ahmadi Roshan, è rimasto vittima di un attentato assieme al suo autista, Reza Oashgai. Una bomba magnetica è stata piazzata sulla sua macchina ieri, 11 gennaio 2012, da motociclisti ignoti, datisi alla fuga.

Roshan non è il primo scienziato iraniano ucciso. Anche lui lavorava al programma nucleare del suo paese, avendo un ruolo di supervisore presso un dipartimento del sito di arricchimento dell'uranio di Namanz, nella provincia di Isfahan. Il 12 gennaio 2010,
era stato assasinato Masoud Ali Mohammadi, fisico dell' Università di Teheran, come Daryoush Rezaei, che ha subìto la stessa sorte il 23 luglio 2011. Avvolta nel mistero, invece, la scomparsa, dal gennaio 2007, dell'ingegnere elettrico Ardeshir Hosseipour, che insegnava all'Università di Isfahan ed era impegnato anch'egli nel programma nazionale per l'energia nucleare. Il caso Mohammadi ha portato alla condanna a morte di un cittadino iraniano, che ha confessato di aver operato nell'interesse dell'agenzia spionistica israeliana Mossad.

Le autorità iraniane, anche per quest'ultimo attentato, ritengono responsabili gli Stati Uniti e Israele. Per il primo vice presidente Mohammad Reza Rahimi, si è trattato di un atto terroristico compiuto da una delle due principali potenze contrarie alla prosecuzione delle attività per l'arricchimento dell'uranio in Iran. Per il vicegovernatore della provincia di Teheran, Safar Ali Baratloo, Israele starebbe tentando di creare un clima di insicurezza alla vigilia delle elezioni parlamentari previste per il 2 marzo 2011.

Da Washington, il portavoce del Consiglio di sicurezza statunitense nega ogni responsabilità sulla vicenda e condanna ogni atto di violenza.

La reazione di Israele è apparsa più criptica. Yoav Mordechai, portavoce dell'esercito, ha scritto sulla sua pagina Facebook di non sapere chi si è vendicato dello scienziato iraniano, ma di non aver versato lacrime per la sua uccisione.

mercoledì 11 gennaio 2012

Gruppi di lavoro

Bilanci energetici italiani.

Per lo studio dei bilanci energetici nazionali sono stati istituiti i seguenti gruppi di lavoro.

Gruppo FARI - 2010

Alessandro, Francesco, Ivan, Roberto

Gruppo Marconi - 2006
Giancarlo, Manfredi, Marco,
Michele

Gruppo Noi - 2002
Christian, Giulia, Gloria, Nino

Gruppo CH4 - 1998
Alessandro, Daniele, Piera, Rosa

martedì 10 gennaio 2012

Che inizio anno per ENI

Questi primi giorni dell'anno sono ricchi di avvenimenti per ENI, sotto vari punti di vista. Cominciamo con quello più intrigante.

La questione iraniana
Ci sono stati momenti di apprensione quando, nei giorni scorsi, la compagnia di Stato NIOC aveva "distrattamente" dimenticato di essere debitrice per un ammontare di 2 Mld di $  nei confronti della società italiana in relazione alle attività petrolifere svolte sul suolo iraniano fra il 2001 e il 2009. A quanto pare questo accorciamento della memoria sarebbe dovuto alla rabbia derivante dalle misure in studio in EU per ridurre a zero l'importazione di greggio dall'Iran.
Sia il Primo Ministro Monti sia l'AD Scaroni si sono dimostrati disponibili a privarsi del petrolio iraniano, purchè tale misura risulti graduale e non comprometta il recupero del suddetto credito, dato che secondo il contratto di buyback verrebbe estinto in natura, mediante forniture di petrolio.
Quindi questa distrazione ha fatto subito paura ad ENI: tuttavia in giornata, a detta dell'agenzia Reuter, il manager capo della divisione Affari internazionali della Nioc avrebbe informato mediante l'agenzia iraniana Mehr di ricordarsi di avere contratto il debito con ENI, e che intende ripagare tutto in petrolio come previsto.
Vista la volatilità con cui l'Iran sembra cambiare idea nelle ultime 3 settimana l'attenzione rimane comunque alta.

Nuovi giacimenti
Su questo fronte niente preoccupazioni per ENI, anzi, si hanno buone notizie. Si rafforza infatti la posizione dell'azienda italiana nel mar del Nord in seguito alla scoperta di un nuovo giacimento nel Barents (a 200 km dalla costa norvegese). Il pozzo, nominato Haves, è controllato per il 30% dall'ENI e andrebbe ad affiancarsi ai pozzi Goliath e Skrugard, facendo del gruppo italiano un player dominante in questa area.

Snam rete gas
(In questo periodo si sente da più fonti l'esigenza di rendere più efficiente il sistema Paese passando attraverso processi di liberalizzazione in vari campi: in tale ambito non poteva essere ignorato il dualismo ENI-Snam rete gas. Ebbene da una recente intervista del sottosegretario alla Presidenza dl Consiglio, Antonio Catricalà, andata in onda nel programma Porta a porta proprio ieri sera (9 gennaio 2012), si evince come questa circostanza non sembri essere una priorità del Governo. Quindi si potrebbe dire che anche in questo campo ENI l'ha "scampata bella", anche se a detta dell'AD Paolo Scaroni quello della Snam rete gas è un falso problema, perchè non pregiudica in nessuna maniera il prezzo del gas. Sta di fatto che in Italia il prezzo all'ingrosso del gas è in media 9 €/MWh  superiore rispetto ai mercati del Nord Europa (si parla di un 20-25% di maggiorazione), e il sospetto è almeno legittimo. )
Fra parentesi è scritto quanto riportato da varie fonti nel "lontano" 10 gennaio: ma alla data odierna (20 gennaio) è ormai certo l'inserimento nel DL sulle liberalizzazioni della norma che prevede la separazione della rete SNAM da ENI

http://www.quotidianoenergia.it/n.php?id=59304



lunedì 2 gennaio 2012

AEEG: prezzi di energia elettrica e gas 2012

30 dicembre 2011 - Comunicato stampa AEEG

Energia: definiti dall'AEEG i prezzi del primo trimestre 2012 per i clienti che usufruiscono dei servizi di tutela. Da gennaio energia elettrica + 4,9%, gas naturale +2,7 % rispetto al trimestre precendente.

Il prezzo medio annuale del petrolio è cresciuto del 40% in dollari rispetto al 2010.


Energia elettrica


L’aumento del 4,9% dei prezzi dell’energia elettrica è determinato da un insieme di elementi fra i quali:

1) i rialzi del prezzo alla produzione, influenzati anche dal cambiamento della curva di domanda e offerta nel nuovo scenario dominato dallo sviluppo delle rinnovabili;

2) l’aumento delle tariffe per il trasporto e la distribuzione dell’energia sulle reti;

3) l’incentivazione a sostegno delle rinnovabili e le assimilate.






Gas naturale

L’incremento del 2,7% è determinato dal rilevante aumento della materia prima, i cui prezzi sono ancora legati alle quotazioni del petrolio e definiti prevalentemente attraverso contratti di lungo periodo. In questa situazione di forte rigidità, i consumatori finali non possono sostanzialmente beneficiare di eventuali diminuzioni dei prezzi all’ingrosso sui mercati spot.